giovedì 8 novembre 2012

Parola di Vita: Novembre 2012

   «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14,23).

Gesù sta rivolgendo agli apostoli i suoi grandi ed intensi discorsi di addio, e li assicura, fra il resto, che essi lo avrebbero visto di nuovo, perché egli si sarebbe manifestato a coloro che lo amano.
Giuda, non l’Iscariota, gli domanda allora come mai egli si sarebbe manifestato a loro e non in pubblico. Il discepolo desiderava una grande manifestazione esterna di Gesù che avrebbe potuto cambiare la storia e sarebbe stata più utile, secondo lui, alla salvezza del mondo. Gli apostoli, infatti, pensavano che Gesù fosse il profeta tanto atteso degli ultimi tempi, il quale avrebbe fatto la sua comparsa rivelandosi al cospetto di tutti come il Re d’Israele e, mettendosi alla testa del popolo di Dio, avrebbe instaurato definitivamente il Regno del Signore.
Gesù risponde invece che la sua manifestazione non sarebbe avvenuta in modo spettacolare ed esterno. Essa sarebbe stata una semplice, straordinaria “venuta” della Trinità nel cuore del fedele, che si attua là dove vi è fede ed amore.
Con questa risposta Gesù precisa in quale modo egli rimarrà presente in mezzo ai suoi dopo la sua morte e spiega come sarà possibile avere contatto con lui.

«Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui».

La sua presenza dunque si può realizzare fin d’ora nei cristiani ed in mezzo alla comunità; non occorre aspettare il futuro. Il tempio che la accoglie non è tanto quello fatto di muri, ma il cuore stesso del cristiano, che diventa così il nuovo tabernacolo, la viva dimora della Trinità.

«Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui».

Ma come può il cristiano arrivare a tanto? Come portare in sé Dio stesso? Quale la via per entrare in questa profonda comunione con lui?
E’ l’amore verso Gesù.
Un amore che non è mero sentimentalismo, ma si traduce in vita concreta e, precisamente, nell’osservare la sua Parola.
E’ a quest’amore del cristiano, verificato dai fatti, che Dio risponde col suo amore: la Trinità viene ad abitare in lui.

«Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui».

«… osserverà la mia parola».
E quali sono le parole che il cristiano è chiamato ad osservare?
Nel Vangelo di Giovanni, “le mie parole” sono spesso sinonimo di “i miei comandamenti”. Il cristiano è dunque chiamato ad osservare i comandamenti di Gesù. Essi però non vanno tanto intesi come un catalogo di leggi. Occorre piuttosto vederli tutti sintetizzati in quello che Gesù ha illustrato con la lavanda dei piedi: il comandamento dell’amore reciproco. Dio comanda ad ogni cristiano di amare l’altro fino al dono completo di sé, come Gesù ha insegnato ed ha fatto.

«Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui».

E come allora vivere bene questa Parola? Come arrivare al punto in cui il Padre stesso ci amerà e la Trinità prenderà dimora in noi?
Attuando con tutto il nostro cuore, con radicalità e perseveranza appunto l’amore reciproco fra noi.
In questo, principalmente, il cristiano trova anche la via di quella profonda ascetica cristiana che il Crocifisso esige da lui. E’ lì, infatti, nell’amore reciproco, che fioriscono nel suo cuore le varie virtù ed è lì che può corrispondere alla chiamata della propria santificazione.

                                                                                    Chiara Lubich

giovedì 18 ottobre 2012

L'esperienza di Fra Andrea col gruppo per un Mondo Unito

Sabato 13 e Domenica 14 Ottobre, sono andato in pellegrinaggio a Sassello (Savona), paese natale della Beata Chiara Luce Badano, insieme ad un gruppo di 60 Giovani di Roma!
Il pellegrinaggio è stato organizzato dai Giovani per un Mondo Unito, realtà dell'Opera di Maria che vede uniti giovani di tutto il mondo, di tutte le fedi e anche di convinzioni non religiose, col comune ideale di fare dell'umanità una famiglia: di realizzare il mondo unito, vivendo la regola d'oro: "fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te".
Insieme a 60 giovani di questo movimento, anche io e i due nostri novizi, siam voluti andare da una testimone: Chiara Luce! Una ragazza che ha creduto all'ideale del mondo unito e che ha saputo vivere l'amore e la gioia che questo impegno comporta, anche nel dolore, trasformando tutto in amore e trasformando, così, il mondo intorno a Lei!
Una giovane, morta a 18 anni, che ha gridato con la sua vita che vivere l'amore è possibile, che amare è fonte di gioia anche nella malattia, che è amare il vero senso della vita! Una giovane che amava i giovani! Una giovane che, alla fine della vita, ha detto "Voglio lasciare la mia fiaccola ai giovani, come alle Olimpiadi. Io ho fatto la mia corsa, ora tocca a loro! I giovani hanno una vita sola e vale la pena di spenderla bene!".
Sono stati due giorni splendidi, fra video su Chiara Luce, testimonianze di ragazzi che hanno trovato il senso della propria vita grazie a lei, momenti di riflessione e incontri con i testimoni diretti. E' venuta a parlarci Aldina, che l'ha conosciuta molto bene, e abbiamo avuto un incontro, del tutto provvidenziale (non era programmato), con Ruggero: il papà di Chiara Luce, che si è fermato con noi una ventina di minuti.
Abbiamo anche avuto un'ora di cielo davanti alla tomba di Chiara Luce.
Si è respirata, in questi due giorni, un'aria veramente soprannaturale, un'atmosfera bella e gioiosa, giovanile, ma tutta protesa a fare la volontà di Dio, a realizzare, a partire da noi, la fraternità universale!
Torniamo a casa con una consegna: la fiaccola di Chiara Luce, da portare, correndo con entusiasmo, a tutti i giovani del mondo.
In unità,
Fra Andrea Patanè, FFm

venerdì 12 ottobre 2012

Lettere del Padre Carlos: Riprendiamo i nostri incontri

Carissimi:
            Il  30 Settembre scorso ci siamo visti nella casa a via Lepanto, alcuni di quelli che vogliamo condividere la nostra vita di consacrati alla luce della spiritualità del Movimento dei Focolari.
Dopo un bel scambio, in cui Ali ci ha parlato della sua esperienza vissuta nel Gen-fest di Budapest (e di vedere un piccolo filmato sullo stesso) abbiamo parlato di riprendere in questo corso i nostri incontri mensili. 

Ancora non abbiamo deciso il programma  (dobbiamo farlo fra tutti) ma ci siamo dati un primo appuntamento per la Domenica 21 Ottobre, dalle 3,30-3,45 alle 6.00 – 6,15 nel pomeriggio.
            Il posto, come sempre è  Via degli Scipioni 265 (accanto alla fermata della metropolitana “Lepanto”) , Interno 3 (primo piano).
In tanto vi spedisco il PPS della Parola di vita del mese di Ottobre.
(Anche se, come sapete, lo trovate sempre nel nostro blog: http://genreroma.blogspot.it/2012/10/parola-di-ottobre-2012-sulla-tua-parola.html
Un saluto di cuore e ... a presto.
Carlos Garcìa Andrade  cmf.

Parola di Ottobre 2012 : «Sulla tua parola getterò le reti» (Lc 5,5).


«Sulla tua parola getterò le reti» (Lc 5,5).

Gesù, quando finì di insegnare, seduto sulla barca di Simone, disse a lui e ai suoi compagni di gettare le reti in mare; e Simone, pur affermando che tutta la notte avevano faticato invano, soggiunse: «Sulla tua parola getterò le reti».
E, gettatele, furono talmente ripiene di pesci che si rompevano. Vennero allora dei compagni ad aiutarlo e riempirono essi pure le barche a tal punto che quasi affondavano. Simone, assai stupito, come lo erano anche Giacomo e Giovanni suoi compagni, si gettò allora ai piedi di Gesù, pregandolo di allontanarsi da lui peccatore. Ma Gesù gli disse di non temere: da quel momento sarebbe diventato pescatore di uomini. E da quell’istante, Simone, Giacomo e Giovanni divennero suoi discepoli.
Questo è il racconto della pesca miracolosa, che simboleggia la futura missione degli apostoli. Il comportamento di Pietro è modello non solo per gli altri apostoli e per coloro che gli succederanno, ma anche per ogni cristiano.

«Sulla tua parola getterò le reti».

Dopo una notte infruttuosa, Pietro, esperto nella pesca, avrebbe potuto sorridere e rifiutarsi di accettare l’invito di Gesù a gettare le reti di giorno, momento meno propizio. Invece, passando oltre il suo ragionamento, si fidò di Gesù.
È questa una situazione tipica attraverso la quale anche oggi ogni credente, proprio perché credente, è chiamato a passare. La sua fede, infatti, è messa alla prova in mille modi.
Seguire Cristo significa decisione, impegno e perseveranza, mentre in questo mondo in cui viviamo tutto sembra invitare al rilassamento, alla mediocrità, al “lasciar perdere”. Il compito appare troppo grande, impossibile a raggiungersi, e fallito in anticipo.
Occorre allora la forza di andare avanti, di resistere all’ambiente, al contesto sociale, agli amici, ai mass-media.
È una prova dura da combattere giorno per giorno, o meglio ora per ora.
Ma, se la si affronta e la si accoglie, essa servirà a farci maturare come cristiani, a farci sperimentare che le straordinarie parole di Gesù sono vere, che le sue promesse si attuano, che si può intraprendere nella vita un’avventura divina mille volte più affascinante di quante altre ne possiamo immaginare, dove possiamo essere testimoni, ad esempio, che mentre nel mondo la vita è spesso così stentata, piatta ed infruttuosa, Dio ricolma di ogni bene chi lo segue: dà il centuplo in questa vita, oltre alla vita eterna. È la pesca miracolosa che si rinnova.

«Sulla tua parola getterò le reti».

Come mettere in pratica allora questa Parola?
Facendo anche noi la scelta di Pietro: «Sulla tua ‘parola’…». Aver fiducia nella sua Parola; non mettere il dubbio su ciò che Egli chiede. Anzi: basare il nostro comportamento, la nostra attività, la nostra vita sulla sua Parola.
Fonderemo così la nostra esistenza su ciò che vi è di più solido, sicuro, e contempleremo, nello stupore, che proprio là dove ogni risorsa umana viene meno, Egli interviene, e che là, dove è umanamente impossibile, nasce la vita.
Chiara Lubich

[1]  Pubblicata in Città Nuova, 1983/2, pp. 40-41.

sabato 8 settembre 2012

Parola di vita settembre 2012

«Chiunque beve di quest'acqua avrà di nuovo sete; ma chi beve dell'acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna» (Gv 4, 13-14).

In questa perla del Vangelo che è il discorso alla Samaritana, nei pressi del pozzo di Giacobbe, Gesù parla dell’acqua come dell’elemento più semplice, ma che si evidenzia più desiderato, più vitale per chi ha consuetudine col deserto. Non gli occorrevano molte spiegazioni per far intendere cosa significasse l’acqua.
L’acqua sorgiva è per la vita nostra naturale, mentre l’acqua viva, di cui parla Gesù, è per la vita eterna.
Come il deserto fiorisce solo dopo una pioggia abbondante, così i semi sepolti in noi col battesimo possono germogliare solo se irrorati dalla Parola di Dio. E la pianta cresce, mette nuovi germogli e prende la forma di un albero o di un bellissimo fiore. E tutto questo perché riceve l’acqua viva della Parola che suscita la vita e la mantiene per l’eternità.
«Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna».
Le parole di Gesù sono rivolte a tutti noi, assetati di questo mondo: a quelli che sono coscienti della loro aridità spirituale e sentono ancora i morsi della sete e a quelli che non avvertono più neanche il bisogno di abbeverarsi alla fonte della vera vita, e dei grandi valori dell’umanità.
Ma, in fondo, è a tutti gli uomini e alle donne di oggi che Gesù rivolge un invito, svelando dove possiamo trovare la risposta ai nostri perché, e la piena soddisfazione dei nostri desideri.
A noi tutti, dunque, attingere alle sue parole, lasciarsi imbevere del suo messaggio.
Come?
Rievangelizzando la nostra vita, confrontandola con le sue parole, cercando di pensare con la mente di Gesù e di amare con il suo cuore.
Ogni attimo in cui cerchiamo di vivere il Vangelo è una goccia di quell’acqua viva che beviamo.
Ogni gesto d’amore per il nostro prossimo è un sorso di quell’acqua.
Sì, perché quell’acqua così viva e preziosa ha questo di speciale, che zampilla nel nostro cuore ogniqualvolta l’apriamo all’amore verso tutti. E’ una sorgente – quella di Dio – che dona acqua nella misura in cui la sua vena profonda serve a dissetare gli altri, con piccoli o grandi atti di amore.
«Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna».
Dunque abbiamo capito che, per non soffrire la sete, dobbiamo donare l’acqua viva che attingiamo da lui in noi stessi.
Basterà una parola, talvolta, un sorriso, un semplice cenno di solidarietà, per darci di nuovo un sentimento di pienezza, di soddisfazione profonda, uno zampillo di gioia. E se continuiamo a dare, questa fontana di pace e di vita darà acqua sempre più abbondante, senza mai prosciugarsi.
E c’è anche un altro segreto che Gesù ci ha rivelato, una specie di pozzo senza fondo a cui attingere. Quando due o tre si uniscono nel suo nome, amandosi dello stesso suo amore, Lui è in mezzo a loro[2]. Ed è allora che ci sentiamo liberi, uno, pieni di luce e torrenti di acqua viva sgorgano dal nostro seno[3]. E’ la promessa di Gesù che si avvera perché è da lui stesso, presente in mezzo a noi, che zampilla acqua che disseta per l’eternità.
                                                                                                                                        Chiara Lubich

[1]     Pubblicata in Città Nuova, 2002/4, p.7.
[2]     Cf Mt 18,20.
[3]     Cf Gv 7,38.

mercoledì 1 agosto 2012

Parola di vita - Agosto 2012

«Chi dunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli».

È questa una Parola di grande conforto e di sprone per noi tutti cristiani.
Con essa Gesù ci esorta a vivere con coerenza la nostra fede in lui, poiché dall’atteggiamento che avremo assunto nei suoi confronti durante la nostra esistenza terrena, dipende il nostro eterno destino. Se lo avremo riconosciuto – Egli dice – davanti agli uomini, gli daremo motivo di riconoscerci davanti al Padre suo; se, al contrario, lo avremo rinnegato davanti agli uomini, ci rinnegherà anche lui davanti al Padre.

«Chi dunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli».

Gesù richiama il premio o il castigo, che ci attendono dopo questa vita, perché ci ama. Egli sa, come dice un Padre della Chiesa, che a volte il timore di una punizione è più efficace di una bella promessa. Per questo alimenta in noi la speranza della felicità senza fine e nello stesso tempo, pur di salvarci, suscita in noi il timore della condanna.
Quel che gli interessa è che arriviamo a vivere per sempre con Dio. E’, del resto, l’unica cosa che conta; è il fine per cui siamo stati chiamati all’esistenza: solo con lui, infatti, raggiungeremo la completa realizzazione di noi stessi, l’appagamento pieno di tutte le nostre aspirazioni. Per questo Gesù ci esorta a “riconoscerlo” fin da quaggiù. Se invece in questa vita non vogliamo aver a che fare con lui, se ora lo rinneghiamo, quando dovremo passare all’altra vita, ci troveremo per sempre tagliati da lui.
Gesù, al termine del nostro cammino terreno, non farà altro dunque che confermare, davanti al Padre, la scelta operata da ciascuno sulla terra, con tutte le sue conseguenze. E, con il riferimento all’ultimo giudizio, Egli ci mostra tutta l’importanza e la serietà della decisione che noi prendiamo quaggiù: è in gioco, infatti, la nostra eternità.

«Chi dunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli».

Come trarre profitto da questo avvertimento di Gesù? Come vivere questa sua Parola?
Lo dice lui stesso: «Chi mi riconoscerà…». Decidiamoci allora a riconoscerlo davanti agli uomini con semplicità e franchezza.
Vinciamo il rispetto umano. Usciamo dalla mediocrità e dal compromesso, che svuotano di autenticità la nostra vita anche come cristiani.
Ricordiamo che siamo chiamati ad essere testimoni di Cristo: Egli vuole arrivare a tutti gli uomini col suo messaggio di pace, di giustizia, d’amore, proprio tramite noi.
Testimoniamolo dovunque ci troviamo per motivi di famiglia, di lavoro, di amicizia, di studio o per le varie circostanze della vita.
Diamo questa testimonianza anzitutto col nostro comportamento: con l’onestà della vita, con la purezza dei costumi, col distacco dal denaro, con la partecipazione alle gioie e sofferenze altrui.
Diamola in modo particolare con il nostro reciproco amore, la nostra unità, in modo che la pace e la gioia pura, promesse da Gesù a chi gli è unito, ci inondino l’animo fin da quaggiù e trabocchino sugli altri.
E a chiunque ci chiederà perché ci si comporta così, perché si è così sereni, pur in un mondo tanto travagliato, rispondiamo pure, con umiltà e sincerità, quelle parole che lo Spirito Santo ci suggerirà, dando così testimonianza a Cristo anche con la parola, anche sul piano delle idee.
Allora, forse, tanti di coloro che lo cercano, potranno trovarlo.

Altre volte potremo essere fraintesi, contraddetti, potremo diventare oggetto di derisione, magari di avversione e di persecuzione. Gesù ci ha avvertititi anche di questo: «Hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi»(Gv 15,20.).
Siamo ancora sulla strada giusta. Proseguiamo perciò a testimoniarlo con coraggio anche in mezzo alle prove, anche a prezzo della vita. La mèta che ci attende lo merita: è il Cielo, dove Gesù, che amiamo, ci riconoscerà davanti al Padre suo per tutta l’eternità.

  Chiara Lubich


Pubblicata in Città Nuova, 1984/12, pp. 10-11.


domenica 10 giugno 2012

Auguro a voi di essere la Chiesa - Giovanni Paolo II

La comunione e l'unità sono come il fuoco che ha bisogna sempre di essere sempre alimentato per mantenere la sua forza. Anche noi abbiamo sempre bisogna di alimentare la nostra comunione ogni tanto per essere il fuoco che dà l'Amore. Ce ne sono sicuramente tantissimi modi di rendere questo fuoco che sta in noi sempre vivo e questo Video mi pare uno di quelli mezzi che non lascia nessuno indifferente. Forse che alcuni di noi l'hanno già visto prima di oggi, forse che alcuni hanno anche partecipato in alcuni di questi eventi, ma penso che questo sia uno dei quei Video che si può anche rivedere tantissime volte. Auguro a tutti voi una buona visione e che la vostra vita sia sempre un fuoco che dà l'Amore.
Tutta la mia Unità. Ali

Thank you Holy Father! from focolare.org on Vimeo.

venerdì 1 giugno 2012

Parola di Vita: Giugnio 2012

«Procuratevi non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita eterna, e che il Figlio dell'uomo vi darà» (Gv 6,27).
Gesù, dopo aver sfamato le moltitudini con la moltiplicazione dei pani presso il lago di Tiberiade, si era trasferito di nascosto sull’altra riva, nella zona di Cafarnao, per sottrarsi alla folla che voleva farlo re. Molti, tuttavia, si erano messi ugualmente alla ricerca di lui e lo avevano raggiunto. Egli però non accetta il loro entusiasmo troppo interessato. Essi hanno mangiato del pane miracoloso, ma si sono fermati al puro vantaggio materiale senza cogliere il significato profondo di quel pane, che mostra in Gesù l’inviato del Padre per dare la vera vita al mondo. Vedono in lui soltanto un taumaturgo, un Messia terreno, capace di procurare loro il cibo materiale in abbondanza ed a buon mercato. È in questo contesto che Gesù rivolge loro le parole:
«Procuratevi non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita eterna, e che il Figlio dell’uomo vi darà».
Il “cibo che non perisce” è la persona stessa di Gesù ed è anche il suo insegnamento, giacché l’insegnamento di Gesù è tutt’uno con la sua persona. Leggendo poi più avanti altre parole di Gesù si vede che questo “pane che non perisce” si identifica anche con il corpo eucaristico di Gesù. Si può quindi dire che il “pane che non perisce” è Gesù in persona, il quale si dona a noi nella sua Parola e nell’Eucaristia.
«Procuratevi non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita eterna, e che il Figlio dell’uomo vi darà».
L’immagine del pane ricorre spesso nella Bibbia, come del resto quella dell’acqua. Il pane e l’acqua rappresentano gli alimenti primari, indispensabili per la vita dell’uomo. Ora Gesù applicando a se stesso l’immagine del pane, vuol dire che la sua persona, il suo insegnamento sono indispensabili per la vita spirituale dell’uomo così come lo è il pane per la vita del corpo.
Il pane materiale è senz’altro necessario. Gesù stesso lo procura miracolosamente alle turbe. Però da solo non basta. L’uomo porta in se stesso – magari senza rendersene perfettamente conto – una fame di verità, di giustizia, di bontà, di amore, di purezza, di luce, di pace, di gioia, di infinito, di eterno, che nessuna cosa al mondo è in grado di soddisfare. Gesù propone se stesso come colui che solo è capace di saziare la fame interiore dell’uomo.
«Procuratevi non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita eterna, e che il Figlio dell’uomo vi darà».
Presentandosi però come il “pane di vita”, Gesù non si limita ad affermare la necessità di nutrirsi di lui e cioè che occorre credere nelle sue parole per avere la vita eterna; ma vuole spingerci a fare l’esperienza di lui. Egli infatti, con la parola: «Procuratevi il cibo che non perisce» fa un pressante invito. Dice che occorre darsi da fare, mettere in atto tutti gli accorgimenti possibili per procurarsi questo cibo. Gesù non si impone, ma vuole essere scoperto, vuole essere sperimentato.
Certamente l’uomo con le sue sole forze non è capace di raggiungere Gesù. Lo può per un dono di Dio. Tuttavia Gesù invita continuamente l’uomo a disporsi per accogliere il dono di se stesso, che Gesù gli vuol fare. Ed è proprio sforzandosi di mettere in pratica la sua Parola, che l’uomo arriva alla fede piena in lui, a gustare la sua Parola come si gusterebbe un pane fragrante e saporoso.
«Procuratevi non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita eterna, e che il Figlio dell’uomo vi darà».
La Parola di questo mese non ha per oggetto un punto particolare dell’insegnamento di Gesù (ad esempio il perdono delle offese, il distacco dalle ricchezze, ecc.), ma ci riconduce alla radice stessa della vita cristiana, che è il nostro rapporto personale con Gesù.
Io penso che chi ha cominciato a vivere con impegno la sua Parola e soprattutto il comandamento dell’amore del prossimo, sintesi di tutte le parole di Dio e di tutti i comandamenti, avverte almeno un po’ che Gesù è il “pane” della sua vita, capace di colmare i desideri del suo cuore, la fonte della sua gioia, della sua luce. Mettendola in pratica è arrivato a gustare la Parola almeno un poco come la vera risposta ai problemi dell’uomo e del mondo. E, dato che Gesù “pane di vita” fa il dono supremo di se stesso nell’Eucaristia, va spontaneamente a ricevere con amore l’Eucaristia ed essa occupa un posto importante nella sua vita.
Occorre allora che chi di noi ha fatto questa stupenda esperienza con la stessa premura con cui Gesù spinge a procurarsi il “pane della vita” non tenga per sé la sua scoperta ma la comunichi ad altri perché molti trovino in Gesù quanto il loro cuore da sempre cerca. È un enorme atto di amore che farà ai prossimi perché anch’essi possano conoscere cos’è la vera vita già da questa terra ed avranno la vita che non muore. E cosa si può volere di più?
 Chiara Lubic

domenica 6 maggio 2012

Parola di vita-Maggio 2012


«Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso!» (Lc 12,49).
Nell’Antico Testamento il fuoco simbolizza la Parola di Dio pronunciata dal profeta. Ma anche il giudizio divino che purifica il suo popolo, passando in mezzo ad esso.
Così è la Parola di Gesù: essa costruisce, ma contemporaneamente distrugge ciò che non ha consistenza, ciò che deve cadere, ciò che è vanità e lascia in piedi solo la verità.
Giovanni Battista aveva detto di lui: «Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco»[2], preannunciando il battesimo cristiano inaugurato il giorno di Pentecoste con l’effusione dello Spirito Santo e l’apparizione delle lingue di fuoco[3].
Dunque è questa la missione di Gesù: gettare il fuoco sulla terra, portare lo Spirito Santo con la sua forza rinnovatrice e purificatrice.
«Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso!»
Gesù ci dona lo Spirito. Ma in che modo lo Spirito Santo agisce?
Lo fa diffondendo in noi l’amore. Quell’amore che noi, per suo desiderio, dobbiamo mantener acceso nei nostri cuori.
E com’è questo amore?
Non è terreno, limitato; è amore evangelico. E’ universale come quello del Padre celeste che manda pioggia e sole su tutti, sui buoni e sui cattivi, inclusi i nemici.
E’ un amore che non attende nulla dagli altri, ma ha sempre l’iniziativa, ama per primo.
E’ un amore che si fa uno con ogni persona: soffre con lei, gode con lei, si preoccupa con lei, spera con lei. E lo fa, se occorre, concretamente, a fatti. Un amore quindi non semplicemente sentimentale, non di sole parole.
Un amore per il quale si ama Cristo nel fratello e nella sorella, ricordando quel suo: “L’avete fatto a me”[4].
E’ un amore ancora che tende alla reciprocità, a realizzare, con gli altri, l’amore reciproco.
E’ quest’amore che, essendo espressione visibile, concreta della nostra vita evangelica, sottolinea e avvalora la parola che poi potremo e dovremo offrire per evangelizzare.
«Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso!»
L’amore è come un fuoco, l’importante è che rimanga acceso. E, perché ciò sia, occorre bruciare sempre qualcosa. Anzitutto il nostro io egoista, e lo si fa perché, amando, si è tutti protesi verso l’altro: o Dio, compiendo la sua volontà, o il prossimo, aiutandolo.
Un fuoco acceso, anche piccolo, se alimentato, può divenire un grande incendio. Quell’incendio di amore, di pace, di fraternità universale che Gesù ha portato sulla terra.
                                                                                          Chiara Lubich

[1]     Pubblicata in Città Nuova, 2001/14, p.37.
[2]     Lc 3,16.
[3]     Cf At 2,3.
[4]     Mt 25,40.

giovedì 12 aprile 2012

Parola di vita, Aprile 2012

«Voi siete già mondi, per la parola che vi ho annunziato» (Gv 15,3)

Penso che il cuore dei discepoli, sentendo questa decisa parola di incoraggiamento di Gesù, abbia sussultato. Come sarebbe meraviglioso se Gesù la potesse indirizzare anche a noi! Per esserne un po’ degni, vediamo di comprenderla. Gesù ha appena fatto il famoso paragone della vite e dei tralci. Egli è la vera vite, il Padre il vignaiolo, che recide i tralci infruttiferi e pota ogni tralcio che porta frutto, perché ne porti di più. Spiegato questo, egli afferma:

«Voi siete già mondi, per la parola che vi ho annunziato».

«Siete già mondi…». Di che purezza si tratta? Di quella disposizione d’animo necessaria per star dinanzi a Dio, di quell’assenza di ostacoli (come il peccato, ad esempio) che si oppongono al contatto col sacro, all’incontro col divino. Per avere questa purezza, è necessario un aiuto dall’Alto. Già nell’Antico Testamento, l’uomo aveva preso coscienza della sua incapacità di avvicinarsi a Dio con le sue sole forze. Occorreva che Dio gli purificasse il cuore; gli desse un cuore nuovo. Un bellissimo Salmo dice: «… crea in me, o Dio, un cuore puro»[2].

«Voi siete già mondi, per la parola che vi ho annunziato».

lunedì 12 marzo 2012

Parola di vita marzo 2012

«Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna» (Gv 6,68).
Alle folle che accorrevano, Gesù parlava del Regno di Dio. Lo faceva con parole semplici, con parabole tratte dalla vita di ogni giorno, eppure il suo parlare aveva un fascino tutto particolare. La gente rimaneva colpita dal suo insegnamento perché insegnava loro come uno che ha autorità, non come gli scribi. Anche le guardie andate per arrestarlo, quando i sommi sacerdoti e i farisei le interrogarono perché non avevano eseguito gli ordini, risposero: «Mai un uomo ha parlato come parla quest’uomo»[1].
Il Vangelo di Giovanni riporta anche colloqui di luce con singoli, come Nicodemo o la samaritana. Gesù va ancora più in profondità con i suoi apostoli: parla apertamente del Padre e delle cose del Cielo, senza più fare uso di similitudini; ne sono conquistati, e non indietreggiano neppure quando non comprendono appieno le sue parole, oppure quando esse sembrano troppo esigenti.
«Questo linguaggio è duro»[2], gli dissero alcuni discepoli quando sentirono che avrebbe dato loro da mangiare il suo corpo e da bere il suo sangue.  Gesù, vedendo che i discepoli si tiravano indietro e non andavano più con lui, si rivolse ai 12 Apostoli: «Forse anche voi volete andarvene?»[3]
Pietro, ormai avvinto a lui per sempre, affascinato dalle parole che gli aveva sentito pronunciare dal giorno che lo aveva incontrato, rispose a nome di tutti:
«Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna»

Uno sguardo al passato per intravedere il futuro, illuminando il presente


          Questa frase potrebbe sintetizzare l’esperienza che abbiamo fatto la Domenica 26 Febbraio, nel nostro incontro mensile per i giovani religiosi interessati all’unità. In realtà siamo stati in pochi, (in 9), ma – questo si sa –, dipendiamo tanto degli impegni che ognuno ha nella rispettiva comunità, che scarse volte riusciamo a vederci tutti lo stesso giorno.
          Ma nella prima ora siamo arrivati fino a 10, e nella seconda fino a 14. La spiegazione è semplice. Nella prima ora è stato con noi P. Ermanno Rossi op. per raccontarci, in vivo, sui primi contatti che i religiosi hanno avuto con il Movimento dei Focolari. Lui era tra questi. Tramite due filmati ci siamo affacciati a questi primi anni del Movimento. Nel primo abbiamo potuto sentire Igino Giordani, questo deputato italiano che ha conosciuto Chiara nel 1948 ed è rimasto così affascinato dell’ideale dell’unità fino al punto di diventare il primo focolarino sposato. Anche abbiamo fatto un piccolo assaggio delle prime Mariapoli, l’incontro estivo caratteristico del Movimento, che, dal 1949-1959 si faceva nei Dolomiti italiani, ma dopo si sono moltiplicati in tutte le nazione dove il Movimento arriva. Dopo, P. Novo, in un altro filmato ci ha raccontato come i religiosi hanno avuto l’opportunità di prendere contatto col Movimento, appena nato e sono stati presi di questa vita dell’unità e del Vangelo.
            Si capisce che, in quei anni, molto prima del Concilio Vaticano II la proposta di una esperienza di comunione tra tute le vocazioni era così nuova, così travolgente, che tanti di questi religiosi, al contatto con questa esperienza hanno visto rinnovarsi fino in fondo la propria vocazione. Questo ci ha comunicato P. Ermanno che anche ci ha lasciato dei belli materiali per approfondire queste realtà.
            Nella seconda ora sono stati con noi quattro giovani (due ragazze e due ragazzi) del Movimento Gen, la seconda generazione del Movimento dei Focolari. Hanno voluto presentarci l’esperienza che stanno preparando per questo estate, dal 31 Agosto al 3 Settembre a Budapest: Un Gen-Fest, intitolato “Let’s bridge” (lanciare ponti) e cioè un incontro per tutti i giovani di 18 ai 31 anni, che vogliano lavorare per l’ideale dell’unita e della fraternità nel mondo. Un breve filmato
  Ci hanno presentato in uno sguardo veloce edizioni anteriori del Gen-Fest (dal primo, nel 1973, all’ultimo, nel 2000), e  ci hanno raccontato come pensano di lanciare questo evento. 
Un altro filmato ci ha fatto vedere lo spot che i giovani hanno preparato per diffonderlo.

domenica 5 febbraio 2012

Parola di vita Febbraio 2012

Convertitevi e credete al Vangelo» (Mc 1,15)
Con la venuta di Gesù spunta un’era nuova, l’era della grazia e della salvezza. E le Sue prime parole sono un invito ad abbracciare la grande novità, la realtà stessa del Regno di Dio che egli pone alla portata di tutti, vicino ad ogni uomo.  Ed indica subito la strada: convertirsi e credere al Vangelo, e cioè cambiare radicalmente vita e accettare, in Gesù, la parola che Dio, attraverso Lui, rivolge all'umanità di tutti i tempi.
Sono due cose che vanno di pari passo: la conversione e la fede e non c’è l’una senza l’altra, ma l’una e l’altra scaturiscono al contatto con la parola viva, alla presenza di Gesù che anche oggi ripete alle folle:
«Convertitevi e credete al Vangelo»
Quello che opera la Parola di Dio accolta e vissuta è un completo mutamento di mentalità (= conversione). Trasfonde nei cuori di tutti: europei, asiatici, australiani, americani, africani i sentimenti di Cristo di fronte alle circostanze, al singolo e alla società.
Ma come può il Vangelo operare il miracolo di una profonda conversione, di una fede nuova e luminosa? Il segreto sta nel mistero che le parole di Gesù racchiudono. Esse non sono semplicemente esortazioni, suggerimenti, indicazioni, direttive, ordini, comandi. Nella parola di Gesù è presente Gesù stesso che parla, che ci parla. Le sue Parole sono egli stesso, Gesù stesso.
E così noi, nella Parola lo incontriamo. E accogliendo la Parola nel nostro cuore, come Egli vuole che sia accolta (e cioè essendo pronti a tradurla in vita) siamo uno con Lui ed Egli nasce o cresce in noi. Ecco perché ognuno di noi può e deve accogliere l’invito così pressante ed esigente di Gesù.
«Convertitevi e credete al Vangelo»
Qualcuno potrà considerare le parole del Vangelo troppo alte e difficili, troppo distanti dal modo di vivere e di pensare comune, e sarà tentato di chiudersi all’ascolto, di scoraggiarsi. Ma tutto questo accade se pensa di dover spostare da solo la montagna della sua incredulità. Mentre basterebbe si sforzasse di vivere anche solo una Parola del Vangelo per trovare in essa un aiuto inatteso, una forza unica, una lampada per i suoi passi. Perché quella Parola, essendo una presenza di Dio, il comunicarsi con essa rende liberi, purifica, converte, porta conforto, gioia, dona sapienza.
«Convertitevi e credete al Vangelo»
Quante volte nella nostra giornata questa Parola può esserci di luce! Ogni volta che ci scontriamo con la nostra debolezza o con quella degli altri, ogni volta che seguire Gesù ci sembra impossibile o assurdo, ogni volta che le difficoltà tentano di abbatterci, questa Parola può essere per noi un colpo d’ala, una boccata d’aria fresca, uno stimolo a ricominciare.
Basterà una piccola, rapida “conversione” di rotta per uscire dal chiuso del nostro io ed aprirci a Dio, per sperimentare un’altra vita, quella vera.
Se poi potremo condividere questa esperienza con qualche persona amica, che ha fatto anch’essa del Vangelo il proprio codice di vita, vedremo sbocciare o rifiorire intorno a noi la comunità cristiana.
Perché la Parola di Dio vissuta e comunicata fa anche questo miracolo: dà origine a una comunità visibile, che diviene lievito e sale della società, testimoniando Cristo in ogni angolo della terra.
Chiara Lubich
Comincia così, nel Vangelo di Marco, l’annuncio di Gesù al mondo, il Suo messaggio di salvezza: «Il tempo è compiuto, il regno di Dio è vicino. Convertitevi e credete al Vangelo».

mercoledì 11 gennaio 2012

Miracolo di Loppiano: da un Natale “nero” a un Anno meravigliosamente Nuovo by Ali Nnaemeka Cornelius


Quest’anno ho celebrato il Natale col cuore infranto per i massacri perpetrati in Nigeria, mio Paese di origine, a danno dei cristiani. Il 28 dicembre sono quindi partito per la cittadina di Loppiano col cuore colmo di tristezza. Ma a Loppiano, dal primo giorno all’ultimo, abbiamo potuto fare, tra noi tutti, l’esperienza di unità e di comunione che costituiscono il centro del messaggio del Movimento dei Focolari e del carisma che Chiara Lubich, sua Fondatrice, ha ricevuto e trasmesso.
La comunione dei cuori fu resa possibile dal clima di ascolto profondo che c’era tra noi e dalla diversità delle nostre rispettive Famiglie religiose.  Il nostro gruppo dei genre era composto da un sacerdote salesiano, da quattro frati delle tre Famiglie francescane e da noi due oblati. Sul posto, abitavamo nella casa chiamata Claritas, dove vivono sei altri religiosi di cinque diverse Congregazioni. Durante il nostro soggiorno, abbiamo ascoltato alcune conferenze di Chiara sull’Unità che Gesù ha chiesto al Padre per i suoi discepoli e sull’Abbandono che Egli ha vissuto sulla Croce e che di tale unità è sorgente e condizione. Le parole di Chiara e le esperienze che man mano hanno condiviso con noi le Famiglie, i GEN e i Focolarini che, circa un  migliaio, popolano la cittadina di Loppiano, mi hanno ridato speranza in un domani migliore non solo per la mia Nigeria, ma per il mondo intero.
Da allora, vedo in una luce tutta nuova l’evento meraviglioso del Natale del Signore e ho cominciato in maniera “trionfale” questo Nuovo Anno che mi riserverà tante sfide positive, mi farà incontrare tantissimi fratelli e sorelle da amare e mi permetterà di vivere con ancor più pienezza la mia vocazione di religioso. Ho potuto così toccar con mano che il Signore è capace di trasformare un Natale rosso-sangue in un Anno Nuovo tutto “trionfale”. 

lunedì 2 gennaio 2012

Parola di vita: Gennaio 2012

«Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio» (Col 3,1).
 
Queste parole, rivolte da san Paolo alla comunità di Colossi, ci dicono che esiste un mondo, nel quale regna l’amore vero, la comunione piena, la giustizia, la pace, la santità, la gioia; un mondo dove il peccato e la corruzione non possono più entrare; un mondo dove la volontà del Padre è perfettamente compiuta. È il mondo al quale appartiene Gesù. E’ il mondo che egli ha spalancato a noi con la sua risurrezione, passando attraverso la dura prova della passione.
«Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio.»
A questo mondo di Cristo, dice san Paolo, noi non soltanto siamo chiamati, ma già apparteniamo. La fede ci dice che mediante il battesimo noi siamo inseriti in lui e, perciò, partecipiamo della sua vita, dei suoi doni, della sua eredità, della sua vittoria sul peccato e sulle forze del male: siamo infatti risorti con lui.
Ma, a differenza delle anime sante che hanno già raggiunto il traguardo, la nostra appartenenza a questo mondo di Cristo non è piena e svelata; soprattutto non è stabile e definitiva. Fino a che ci troviamo su questa terra noi siamo esposti a mille pericoli, difficoltà e tentazioni, le quali possono farci tentennare, possono frenare il nostro cammino o addirittura deviarlo verso false mète.
«Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio.»
Si comprende allora l’esortazione dell’Apostolo: «Cercate le cose di lassù». Cercate di uscire non già materialmente, ma spiritualmente da questo mondo; abbandonate le regole e le passioni del mondo per lasciarvi guidare in ogni situazione dai pensieri e dai sentimenti di Gesù. “Le cose di lassù”, infatti, stanno ad indicare la legge di lassù, la legge del Regno dei cieli, che Gesù ha portato in terra e vuole che realizziamo fin da ora.
«Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio.»
Come vivere allora questa Parola di vita? Essa ci sprona a non accontentarci di una vita mediocre, fatta di mezze misure e compromessi, ma a conformarla, con la grazia di Dio, alla legge di Cristo.
Ci spinge a vivere e ad impegnarci a testimoniare nel nostro ambiente i valori che Gesù ha portato sulla terra: potrà essere lo spirito di concordia e di pace, di servizio ai fratelli, di comprensione e di perdono, di onestà, di giustizia, di correttezza nel nostro lavoro, di fedeltà, di purezza, di rispetto verso la vita, ecc.
Il programma, come si vede, è vasto come la vita; ma per non rimanere nel vago, attuiamo in questo mese quella legge di Gesù che è un po’ il sunto di tutte le altre: vedendo in ogni fratello Cristo, mettiamoci al suo servizio. Non è poi questo che ci sarà chiesto al termine della nostra esistenza?
Chiara Lubich