giovedì 24 novembre 2011

Parola di vita Novembre 2011

“Vegliate, dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora” (Mt 25,13)

Gesù è appena uscito dal tempio. I discepoli gli fanno notare con orgoglio l’imponenza e la bellezza dell’edificio. E Gesù: «Vedete tutte queste cose? In verità vi dico, non resterà qui pietra su pietra che non venga diroccata»[2]. Poi sale sul monte degli Ulivi, si siede e, guardando Gerusalemme che gli è davanti, inizia a parlare della distruzione della città, e della fine del mondo.
Come avverrà la fine del mondo? – gli domandano i discepoli – e quando arriverà? È una domanda che anche le successive generazioni cristiane si sono poste, una domanda che si pone ogni essere umano. Il futuro è infatti misterioso e spesso fa paura. Anche oggi c’è chi interroga i maghi e indaga l’oroscopo per sapere come sarà il futuro, cosa accadrà…
La risposta di Gesù è limpida: la fine dei tempi coincide con la sua venuta. Lui, Signore della storia, tornerà. È Lui il punto luminoso del nostro futuro.
E quando avverrà questo incontro? Nessuno lo sa, può avvenire in qualsiasi momento. La nostra vita è infatti nelle sue mani. Lui ce l’ha data; Lui può riprenderla anche all’improvviso, senza preavviso. Tuttavia ci avverte: avrete modo d’essere pronti a questo evento se vigilerete.

“Vegliate, dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora”

Con queste parole Gesù ci ricorda innanzitutto che Lui verrà. La nostra vita sulla terra terminerà ed inizierà una vita nuova, che non avrà più fine. Nessuno oggi vuole parlare della morte… A volte si fa di tutto per distrarsi, immergendosi completamente nelle occupazioni quotidiane, fino a dimenticare Colui che ci ha dato la vita e che ce la richiederà per introdurci nella pienezza della vita, nella comunione con il Padre suo, nel Paradiso.
Saremo pronti ad incontrarlo? Avremo la lampada accesa, come le vergini prudenti che attendono lo sposo? Ossia, saremo nell’amore? Oppure la nostra lampada sarà spenta perché, presi dalle tante cose da fare, dalle gioie effimere, dal possesso dei beni materiali, ci siamo dimenticati della sola cosa necessaria: amare?

Vegliate, dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora.”

Ma come vegliare? Innanzitutto, lo sappiamo, veglia bene proprio chi ama. Lo sa la sposa che attende il marito che ha fatto tardi al lavoro o che deve tornare da un viaggio lontano; lo sa la mamma che trepida per il figlio che ancora non rincasa; lo sa l’innamorato che non vede l’ora d’incontrare l’innamorata… Chi ama sa attendere anche quando l’altro tarda.
Si attende Gesù se lo si ama e si desidera ardentemente incontrarlo.
E lo si attende amando concretamente, servendolo ad esempio in chi ci è vicino, o impegnandosi alla edificazione di una società più giusta. È Gesù stesso che ci invita a vivere così raccontando la parabola del servo fedele che, aspettando il ritorno del padrone, si prende cura dei domestici e degli affari della casa; o quella dei servi che, sempre in attesa del ritorno del padrone, si danno da fare per far fruttificare i talenti ricevuti.

“Vegliate, dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora”

Proprio perché non sappiamo né il giorno né l’ora della sua venuta, possiamo concentrarci più facilmente nell’oggi che ci è dato, nell’affanno del giorno, nel presente che la Provvidenza ci offre da vivere.
Tempo fa mi venne spontaneamente di rivolgere a Dio questa preghiera. Vorrei ora ricordarla.
“Gesù,
fammi parlare sempre
come fosse l’ultima
parola che dico.
Fammi agire sempre
come fosse l’ultima
azione che faccio.
Fammi soffrire sempre
come fosse l’ultima
sofferenza che ho da offrirti.
Fammi pregare sempre
come fosse l’ultima
possibilità,
che ho qui in terra,
di colloquiare con Te”.
Chiara Lubich

[1] Parola di vita, novembre 2002, pubblicata in Città Nuova, 2002/20, p.7.
[2] Mt 24,2.

GENERAZIONE NOUVA DEI RELIGIOSI


«Gesù è il Verbo di Dio incarnato. La Chiesa è il Vangelo incarnato: per questo è Sposa di Cristo… Ogni famiglia, o ordine, è l’incarnazione, per così dire, d’una espressione di Gesù, d’un suo atteggiamento, d’un fatto della sua vita, d’un suo dolore, di una sua parola… la Chiesa è un maestoso Cristo spiegato attraverso i secoli… L’Amore ha assunto nella Chiesa diverse forme e sono gli ordini e le famiglie religiose… Noi dobbiamo soltanto far circolare fra i diversi ordini l’Amore. Si devono comprendere, capire, amare come Si amano [tra di loro] le Persone della Trinità» (Chiara Lubich).
Rendere visibile una Chiesa e un’umanità ravvivate dalla fraternità e dalla comunione fra tutti i carismi, favorire l’unità nella propria Famiglia religiosa o Comunità, riscoprire il proprio fondatore, vivere con rinnovato impegno le proprie Regole e le Costituzioni, attualizzare il proprio carisma per l’oggi della Chiesa e dell’umanità: sono alcuni degli effetti spirituali e obiettivi dei membri di vari Istituti di vita consacrata, Società di vita apostolica e Nuove Comunità che aderiscono al Movimento dei focolari.
I primi a mostrare interesse per la nuova spiritualità nascente furono i cappuccini di Trento, sotto i cui occhi, a due passi dalla loro chiesa e dal loro convento, in piazza Cappuccini 2, prendeva forma quella prima convivenza di vergini che avrebbe assunto ben presto il nome di focolare.
Nel 1947, grazie ad un viaggio di Chiara Lubich ad Assisi e a Roma, altri religiosi entrarono in contatto con l’ideale dell’unità e iniziarono a incontrarsi tra di loro per condividere le esperienze evangeliche che esso suscitava.
Il 1967 segnò una tappa importante. Nell’estate di quell’anno, 25 religiosi provenienti da tutta l’Europa trascorsero 15 giorni insieme vicino a Trento per approfondire la conoscenza del carisma dell’unità. A quel momento viene fatto risalire l’inizio della diramazione dei religiosi all’interno del Movimento dei focolari con caratteristiche che Chiara stessa spiegava: «La loro unità non dovrebbe essere niente di organizzato… I religiosi sono uniti dalla spiritualità».
E lo stesso avvenne per le religiose. Tappa storica per loro fu l’udienza del 14 aprile 1971 con Paolo VI alla quale erano presenti 400 suore di 20 nazioni e di 80 congregazioni. In quell’occasione il Papa indicò un percorso: «Approfondire la conoscenza e l’unità con i vostri rispettivi fondatori, nel clima di fraterna carità, propria del Movimento dei focolari».
Intorno ai religiosi e alle religiose sono nati i e le gen-re (generazione nuova dei religiosi), che vedono riuniti religiosi e consacrati in prima formazione, giovani cioè che preparandosi alla vita consacrata dei diversi ordini intendono vivere la spiritualità dell’unità.
Negli Statuti generali  dell’Opera di Maria approvati nel 1990 da Giovanni Paolo II, attraverso il Pontificio consiglio per i laici, veniva riconosciuto che i membri di Istituti di vita consacrata e Società di vita apostolica possono essere membri a pieno titolo del Movimento. Il legame è «essenzialmente un impegno di natura spirituale», si legge all’art. 5 del loro regolamento e non può prescindere dal consenso dei propri superiori.
Per offrire ai membri di vari Istituti di vita consacrata, Società di vita apostolica e Nuove Comunità l’approfondimento e la pratica della spiritualità dell’unità, sono sorti alcuni Centri internazionali di spiritualità nelle cittadelle di testimonianza del Movimento dei focolari, in cui i religiosi e consacrati presenti testimoniano il loro carisma nella reciprocità dei rapporti.
Il 25 ottobre 2004 la Pontificia Università Lateranense, Istituto “Claretianum”, ha conferito a Chiara Lubich la Laurea h.c. in Teologia della Vita Consacrata.
Source: http://www.focolare.org/it/movimento-dei-focolari/scelte-e-impegno/religiosi/