«Sono venuto a portare il fuoco sulla terra;
e come vorrei che fosse già acceso!» (Lc 12,49).
Nell’Antico Testamento il fuoco simbolizza
la Parola di Dio pronunciata dal profeta. Ma anche il giudizio divino che
purifica il suo popolo, passando in mezzo ad esso.
Così è la Parola di Gesù: essa costruisce,
ma contemporaneamente distrugge ciò che non ha consistenza, ciò che deve
cadere, ciò che è vanità e lascia in piedi solo la verità.
Giovanni Battista aveva detto di lui:
«Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco»[2], preannunciando il battesimo cristiano
inaugurato il giorno di Pentecoste con l’effusione dello Spirito Santo e
l’apparizione delle lingue di fuoco[3].
Dunque è questa la missione di Gesù:
gettare il fuoco sulla terra, portare lo Spirito Santo con la sua forza
rinnovatrice e purificatrice.
«Sono
venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso!»
Gesù ci dona lo Spirito. Ma in che modo lo
Spirito Santo agisce?
Lo fa diffondendo in noi l’amore. Quell’amore
che noi, per suo desiderio, dobbiamo mantener acceso nei nostri cuori.
E com’è questo amore?
Non è terreno, limitato; è amore
evangelico. E’ universale come quello del Padre celeste che manda pioggia e
sole su tutti, sui buoni e sui cattivi, inclusi i nemici.
E’ un amore che non attende nulla dagli
altri, ma ha sempre l’iniziativa, ama per primo.
E’ un amore che si fa uno con ogni
persona: soffre con lei, gode con lei, si preoccupa con lei, spera con lei. E
lo fa, se occorre, concretamente, a fatti. Un amore quindi non semplicemente
sentimentale, non di sole parole.
Un amore per il quale si ama Cristo nel
fratello e nella sorella, ricordando quel suo: “L’avete fatto a me”[4].
E’ un amore ancora che tende alla
reciprocità, a realizzare, con gli altri, l’amore reciproco.
E’ quest’amore che, essendo espressione
visibile, concreta della nostra vita evangelica, sottolinea e avvalora la
parola che poi potremo e dovremo offrire per evangelizzare.
«Sono
venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso!»
L’amore è come un fuoco, l’importante è
che rimanga acceso. E, perché ciò sia, occorre bruciare sempre qualcosa. Anzitutto
il nostro io egoista, e lo si fa perché, amando, si è tutti protesi verso
l’altro: o Dio, compiendo la sua volontà, o il prossimo, aiutandolo.
Un fuoco acceso, anche piccolo, se
alimentato, può divenire un grande incendio. Quell’incendio di amore, di pace,
di fraternità universale che Gesù ha portato sulla terra.
Chiara Lubich
[1] Pubblicata in Città
Nuova, 2001/14, p.37.
[2] Lc 3,16.
[3] Cf At 2,3.
[4] Mt 25,40.